| Akira » |
| | Mettete QUESTA canzone come sottofondo ^^ È una cosa così stupida pensare che l’amore sia per sempre?
“Quanti giorni mi restano, dottore?”.
Le parole erano sussurrate, calme, anche se piene di paura. I suoi capelli neri corvini, furono scossi da una folata di vento, in quel giardino grande, e calmo. Erano nel retro dell’ospedale, il ragazzo non riusciva più a sentire l’odore insistente di sangue e roba varia, odore di ospedale. Da quanti dannati anni andava in ospedale ogni santo giorno? Da davvero tanti anni. Il cancro era entrato nel suo corpo dall’età di 8 anni, e oramai ne aveva 18. Almeno avrebbe finito la scuola, anche se la cosa non contava poi molto. Avrebbe salutato i suoi amici, o almeno le poche persone che aveva come amici, i suoi parenti, e poi se ne sarebbe andato, solo e triste. L’unica persona che gli importava davvero, non lo degnava di uno sguardo. O almeno, qualche volta lo sorprendeva a guardarlo, ma il corvino pensava che fosse solamente per deriderlo. Era ovvio che però, forse, non era così. Come poteva il biondo deriderlo? Il ragazzo dai capelli neri aveva tutto, e tutti lo invidiavano. Capelli neri, praticamente perfetti. I suoi occhi erano neri e profondi, come un pozzo senza fondo. Il suo fisico era perfetto, senza imperfezioni. Lui era perfetto, o almeno le persone credevano così, ma non lo era affatto. La sua famiglia era disastrata. I suoi genitori erano morti in un incidente d’auto molti anni prima, e suo fratello tornava a casa tutti i giorni ubriaco marcio, fatto di droghe e robe varie. Era solo al mondo. Per il suo cazzo di orgoglio, per la sua “perfezione”, nessuno lo voleva, nessuno riusciva a farselo stare simpatico, ma ovviamente sapeva da solo che tutto ciò era colpa sua. Non sapeva parlare, era asociale, non sorrideva mai, aveva sempre un cazzo di broncio sulla sua faccia, e quando qualcuno gli rivolgeva la parola si girava dall’altra parte, scocciato. Per non parlare del ghigno che compariva sulle sue labbra, quando qualcuno prendeva un brutto vuoto, o cadeva per terra. Insomma, sapeva bene com’era fatto, e sapeva di essere fin troppo orgoglioso. Ma c’erano volte in cui si sentiva realmente da solo, isolato dal mondo intero, e non poteva cambiare le cose. Non poteva avvicinarsi a quel ragazzo ,tanto perfetto ai suoi occhi, e parlargli di punto in bianco, sorridendogli. Il biondo lo avrebbe preso per pazzo, sicuramente, e avrebbe solamente peggiorato la situazione. Avrebbe aspettato la fine dei suoi giorni in silenzio, continuando a guardarlo da lontano. Gli sarebbe bastato così, voleva solamente che l’altro fosse felice. Da quanto tempo continuava a ripetersi questa frase? Da quanto tempo si era accorto di amare l’altro? Probabilmente dal primo momento che si erano incontrati, e oramai erano esattamente 5 anni. Come passava velocemente il tempo, era una cosa favolosa. E scocciante allo stesso tempo. Più andava avanti e più il cancro peggiorava. Lo aveva saputo fin dall’inizio. Il dottore alzò lo sguardo verso il sole cocente di quella giornata di maggio, e poi sospirò.
“Poco più di un mese, Sasuke”
rispose poi, guardando il ragazzo direttamente negli occhi. Il corvino restò per un attimo immobile, consapevole del fatto che quel mese sarebbe passato come passa un secondo.
“Certo”
commentò, senza nessun entusiasmo.
“Mi dispiace”
aggiunse il dottore, avvicinandosi al ragazzo, aprendo le braccia per stringerlo a se, ma l’Uchiha si ritrasse.
“Va benissimo così, sto bene.”
Commentò il corvino, prima di oltrepassarlo, e dirigersi verso il cancello, diretto a casa sua. Voleva solamente restare da solo. Ma tu sei da solo, da solo al mondo. Non sapeva se era colpa del cancro, ma era da un po’ di tempo che sentiva una voce parlargli, dirgli ciò che già sapeva, ma che non aveva il coraggio di ammettere. Il giorno dopo ci sarebbe stata scuola, perciò era meglio se fosse andato a casa, doveva assolutamente studiare.
“Ehy, Naruto!”
la voce di Kiba risuonò nel cortile, e molti dei ragazzi si girarono a guardarlo storto, ma lui neanche se ne accorse.
“Ehy, Kiba! Cos’è quest’enfasi?”
domandò il biondo divertito, guardandolo.
“Insomma, non so nemmeno io se definirla enfasi o meno. Ma si dice in giro che l’Uchiha sia malato”
sussurrò Kiba, avvicinandosi all’orecchio di Naruto, per non farsi sentire da altri.
“M-Malato? Di cosa?”
domandò subito il biondo, sbarrando gli occhi. La cosa lo aveva preso alla sprovvista.
“Pare che abbia un cancro, pensi che le voci siano vere?”
chiese Kiba, grattandosi appena la testa.
“Dice che l’ha sentito Ino dall’insegnante di biologia che ne parlava con il preside, sul fatto che forse non riuscirebbe a finire la scuola”
aggiunse ancora dopo il moro.
“Non riuscirebbe a f..Oh, capisco”
completò Naruto, abbassando lo sguardo. Che cosa voleva dire tutto quello? Ma soprattutto erano voci vere? No, non poteva crederci. Forse non sarebbe riuscito a finire la scuola? Voleva dire che gli mancava un mese? Di meno di un mese? Gli occhi di Naruto divennero lucidi a quel pensiero. Al pensiero di non poter più vedere i suoi occhi neri e profondo, di non poter più vedere le sue labbra. Tutto questo solamente da lontano, ma gli bastava. Gli era sempre bastato, da cinque anni. Ma ora che aveva ricevuto quella notizia, i cinque anni non erano niente a confronto di quel mese.
“Stai bene?”.
Le parole di Kiba erano lontane, davvero lontane. Tutto gli sembrava affondare, gli sembrava di affogare, gli pareva che il mondo stesse crollando. E se invece quelle voci erano totalmente che sbagliate? Se lui si stava prendendo tutta quella paura per niente? C’era un solo modo per saperlo: chiederglielo di persona. Ma come poteva? Ciao, Uchiha, ma tu hai un cancro? No perché sai, girano delle voci, e volevo sapere se sono vere o no, così, per curiosità. No, non era affatto una buona idea. Prima di tutto Sasuke – da quando aveva cominciato a chiamarlo per nome? – non gli avrebbe risposto. Secondo, lui non avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi. La campanella suonò, così decise che ci avrebbe pensato più approfonditamente all’ora della pausa.
Quella mattina Sasuke Uchiha si era svegliato davvero male. Non aveva dormito neanche un’ora di tutta la notte. Zero, completamente. Aveva continuato a pensare, e a pensare, cosa assai rara da parte sua. Di solito agiva, senza pensare alle conseguenze, senza pensare a come sarebbe andata. Ma quando hai solamente un mese di vita davanti a te, è normale pensare prima di agire no? O forse era il contrario? Bah, non importava. Aveva pensato al fatto di dire tutto a Naruto, di dirgli quanto lo amasse, quanto lo desiderasse, quanto lo bramasse. Ma come poteva dirglielo con tutto l’orgoglio che si ritrovava? Per una volta però, doveva farcela. Mi manca un dannato mese. Continuava a ripetersi dentro di se quella frase. Un mese sarebbe passato in fretta, e lui se ne sarebbe andato felice solamente se il biondo avesse saputo tutto ciò che provava, e l’unico modo era dirglielo. Ma come l’avrebbe presa? Era ovvio che non gli chiedesse di fidanzarsi con lui, visto ciò che sarebbe successo, ma desiderava una notte. Sentirgli urlare il suo nome fra gli ansimi, fra il piacere, unendo i loro corpi sudati e caldi. Ma era quasi certo – o certissimo? – che il biondo l’avrebbe respinto. Si conoscevano da anni, ma erano sempre stati nemici. Molte volte parlavano solamente per litigare, ma negli ultimi due anni nemmeno più quello, facevano. Non sapevano nemmeno loro due perché, era andata così e basta. Era fuori, dietro al ciliegio, e fissava il biondo, da lontano. Era in compagnia di quell’Inuzuka, che Sasuke odiava tanto. Gli stava sempre intorno, e la cosa lo infastidiva parecchio. Poi Inuzuka si era avvicinato al suo orecchio, dicendogli qualcosa, e la faccia di Naruto era diventata sconvolta. Che diavolo gli aveva detto? Non riuscì neanche a pensarci per bene che la campanella suonò. Così prima che il biondo potesse notarlo, corse verso la sua aula. Per fortuna, anche avendo la stessa età, non frequentavano la stessa classe. Sasuke non sapeva come avrebbe fatto. Invece di seguire la lezione, avrebbe continuato a fissare il biondo, senza alcun ritegno, per tutto il giorno. Si, era decisamente meglio così. Le prime tre ore passarono in un modo così lento, da far venire il latte alle ginocchia, e finalmente suonò la pausa. Sasuke si precipitò fuori dall’aula, volendo vedere almeno per un po’ Naruto, nascosto da qualche parte. Guardava avanti, diretto verso la sua classe, finchè, quando girò l’angolo, non si scontrò con qualcuno. Il corvino alzò lo sguardo, per un attimo voleva chiedere scusa, ma poi pensò che non era da lui, e alla fine si immobilizzò. Era andato a sbattere contro Naruto Uzumaki. I due si guardarono, come se avessero capito di ciò che avevano bisogno.
“Non qui”
commentò il biondo. Prese il moro per il braccio – con suo disappunto – e lo trasportò verso il terrazzo della scuola che, per loro fortuna, era vuoto. Sasuke strattonò il braccio, facendosi lasciare, prima di guardare il biondo, che aveva lo sguardo sul pavimento.
“E’ vero che hai il cancro?”.
Quelle parole gli trapiantarono il cuore, come una lama, affondando sempre più a fondo. Restò in silenzio, immobile, chiedendosi come poteva saperlo. Dove lo aveva ascoltato?
“Devo prenderlo come un sì?”.
Le parole di Naruto erano strozzate da qualcosa che sembravano singhiozzi. Sasuke sbarrò gli occhi. Sta… piangendo?
“Perché non me l’hai mai detto?”.
Doveva dirglielo? Perché? Non capiva.
“Io non…”.
Per la prima volta Sasuke si trovava a disagio a parlare, perché non sapeva che diamine dire. Le parole non uscivano.
“Sono cinque stramaledetti anni che continuo a guardarti da lontano, Sasuke Uchiha. Sono cinque cazzo di anni che ti amo, che ti voglio almeno sfiorare quelle fottute labbra. Sono cinque diavolo di anni che cerco di fartelo notare, invano. E ora scopro che ti manca un mese? Porca puttana, ti rendi conto, Uchiha?!”.
Il volto di Naruto si alzò, rivelando i suoi occhi rossi, e pieni di lacrime, le quali cominciarono a scendere lascive lungo le sue guance. “So cosa si prova” riuscì a mormorare Sasuke.
“No, non lo sai invece”
“Naruto, ti amo.”
Quante volte le aveva provate, allo specchio, da solo, in camera sua? Praticamente milioni di volte, ma si era sempre detto che a causa del suo orgoglio non sarebbe mai riuscite a dirle. E ora, dopo che Naruto gli aveva confessato tutto ciò, sembrava che tutto fosse più semplice. Il biondo sbarrò gli occhi, e poi crollò a terra, cominciando a piangere violentemente.
“Fottuto bastardo, e me lo dici ora?!”.
Le parole di Naruto erano dure, o almeno cercava di farle sembrare, ma erano solamente messe lì, alla cavolo. Sasuke si inginocchiò, davanti a lui, e delicatamente mise una mano fra i suoi capelli biondi, per poi far appoggiare la sua nuca sul suo petto, stringendolo a se. Le mani di del biondo, strinsero forte la maglia dell’Uchiha, il quale chiuse gli occhi, sospirando. Perché mi sento così maledettamente triste? . Lo era, davvero, e per la prima volta in tutta la sua vita, aveva gli occhi lucidi, e ci vedeva opaco.
“Sasuke”
una voce morbida, melodiosa, calma e dolce, uscì dalle labbra di Naruto, facendo andare in estasi il corvino.
“Ti prego”.
Sapeva benissimo che cosa voleva il biondo, ed era lo stesso che voleva anche lui.
“Andiamocene da qui, però”
completò il corvino, alzandosi. Scesero velocemente le scale, prima di andare ognuno nella sua classe, e uscire dalla scuola senza permesso, sperando che nessun insegnasse li vedesse. Si diressero verso casa di Sasuke, in silenzio, senza parlarsi neanche una volta. Le parole oramai non servivano più. Appena furono in casa, il corvino fece cadere a terra la cartella, sbattendosi la porta alle spalle, e Naruto lo imitò. Si guardarono, mentre i loro respiri si fecero affannosi. Poi, il biondo, non resistendo più, si fiondo su Sasuke, cominciando a baciarlo con ardore. 5 fottuti anni avevano aspettato, e ormai nessuno li avrebbe più fermati. NESSUNO.
Sasuke continuava a tossire, ormai consumato dal cancro. Era passato un mese e 5 giorni, e ormai era al limite. Era in un letto d’ospedale, e vicino a lui c’era Naruto, piangente.
“Non piangere, amore, ti prego”.
Ormai quelle parole dolci facevano parte anche del vocabolario dell’Uchiha. Ed era tutto merito di Naruto. Quel mese passato insieme a lui era stato il migliore della sua vita, e aveva scoperto cosa voleva dire amare, ed essere amati. Ed era una cosa semplicemente fantastica.
“Ti amo, Sasuke, ti amo, ti amo.. ti amo..”
continuava a ripeterlo, con insistenza.
“Non dimenticarlo mai, ti prego"
” aggiunse ancora.
“Mai, Naruto, MAI. Fai parte della mia vita, e ne farai parte sempre”
sussurrò l’Uchiha, cercando di trattenersi nel piangere.
“Vorrei essere forte come te”
sussurrò ad un tratto il biondo.
“No, non voglio che tu sia come me, perché dopo non saresti più il Naruto che amo. Resta sempre così, come sei, devi promettermelo… fallo per noi”.
Quelle parole riempirono il cuore del biondo, il quale scoppiò a piangere, e si appoggiò sul letto. Una mano del moro si insinuò fra i suoi capelli, cominciando ad accarezzarli.
“È una cosa così stupida pensare che l’amore sia per sempre?”
domandò Sasuke, e tossendo un’ultima volte, socchiuse gli occhi, sorridendo, per poi chiuderli, per sempre. Naruto, anche senza alzare lo sguardo, se ne accorse fin troppo bene, dalla sua mano immobile, e dalla sua ultima frase.
“No, non è stupido, aspettami Sasuke, arriverò presto, da te, te lo prometto”.
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